Atlante Oasi Sahariane e Arabiche

Elaborare una mappa è il punto di partenza, indispensabile, dell’attività di ricerca finalizzata a promuovere azioni di politica ambientale. Per garantire l’efficacia di questi interventi è necessario, infatti, dotarsi di uno strumento che segnali il progressivo degradarsi delle terre nel mondo, conseguenza dello sviluppo urbano e industriale, del riscaldamento climatico, di attività agricole non sostenibili.
A questo scopo, con il Progetto Atlante delle Oasi Sahariane e Arabiche, Fondazione LabOasis ha censito 774 Oasi tradizionali, geo-referenziandole su una mappa interattiva attraverso i confini di 11 stati nazionali e la mette a disposizione on line. Per la prima volta viene così individuata la costellazione di Oasi che per secoli ha assolto al compito di mitigare il clima, quell’argine verde che attraversa due deserti, presidio di civiltà in zone dove la sopravvivenza sembra impossibile. A cura di Gismap, i dati relativi all’informazione geografica sono stati elaborati in ambiente GIS, Remote Sensing e DBMS Open Source, in collaborazione con esperti appartenenti alle istituzioni scientifiche dei relativi paesi, in particolare Algeria, Egitto, Libya, Marocco, Mauritania, Niger, Tunisia. Utilizzando i nostri criteri di selezione abbiamo localizzato i diversi insediamenti. Riusciamo così a distinguere ciò che sta cambiando nell’estensione delle Oasi, a individuare i processi di insabbiamento oggi in gran parte legati alla diminuzione del patrimonio idrico, rilevando –indirettamente- anche l’attaccamento di quelle comunità a luoghi che il riscaldamento globale ha reso sempre più inospitali. Una caratteristica che contraddistingue buona parte di queste popolazioni, in evidente controtendenza con la scelta obbligatoria dell’emigrazione.

La formulazione attuale dell’Atlante delle Oasi Sahariane e Arabiche, che dovrà essere ulteriormente sviluppato per arrivare a classificazioni sempre più esaustive, vuole costituire il punto di partenza per l’avvio di studi comparati sui cambiamenti socio-ambientali, in quella vasta area del mondo contraddistinta da aridità estrema. Studi che si rendono necessari per elaborare interventi pilota, veicolo di adeguate misure di prevenzione o mitigazione, con la specificità di essere replicabili nelle Oasi dove le popolazioni fronteggiano emergenze assimilabili. Allo scopo di documentare e valutare i risultati degli ultimi 30 anni di studi e progetti “sul campo”, in settori diversi, ma ugualmente vitali per l’economia di quelle comunità, Fondazione LabOasis ha realizzato anche il Progetto Database Oasi collegandolo all’Atlante delle Oasi sahariane e arabiche: riguardo a ognuna delle Oasi localizzate sulla mappa, è perciò possibile verificare quali siano le esperienze pregresse, o in corso, avere indicazioni sui promotori e sulle associazioni locali che a queste attività hanno contribuito.

Consultando la scheda del Database, disponibile al momento in cui – via Google Maps – l’Oasi viene localizzata sulla mappa dell’Atlante, si osserverà tra l’altro che molti interventi a cura di soggetti istituzionali, centri di ricerca e associazioni internazionali, si sono concentrati negli stessi luoghi, le Oasi più accessibili e note. L’esplorazione interattiva, attraverso lo strumento dell’Atlante delle Oasi Sahariane e Arabiche, consente invece di approfondire la conoscenza della realtà locale rivelando la presenza di quelle meno conosciute, un primo passo per formulare strategie di intervento anche in territori fino a ieri considerati marginali. Localizzate in quei territori si trovano infatti alcune Oasi, al limitare di porosi confini nazionali tracciati in mezzo al deserto. Sono insediamenti dove antiche comunità conservano peculiari tradizioni di accoglienza, una cultura autoctona e paesaggi storici straordinari, un argine –in questi casi- non solo al cambiamento climatico, ma anche un prezioso contributo alla sicurezza nei paesi del mediterraneo, che evita il predominio di organizzazioni criminali in quelle vaste aree disabitate.
Molti sono, quindi, i progetti di ricerca e le conseguenti azioni di salvaguardia che ci auguriamo possano essere intraprese a partire dalla nuova evidenza che forniscono i dati attraverso l’Atlante delle Oasi Sahariane e Arabiche e il Database, ferma restando l’intenzione di Fondazione LabOasis di concorrere al loro aggiornamento in collaborazione con esperti, studiosi da tutto il mondo e con l’ancor più necessaria partecipazione degli abitanti delle Oasi.

Database Oasi
Database Oasi nasce da una precisa esigenza: vogliamo portare un concreto contributo per la salvaguardia di quei luoghi straordinari chiamati Oasi, nei deserti del Sahara e Arabico. Il nostro scopo è dar corso a nuovi progetti e per questo riteniamo importante sapere cosa è già stato fatto: come, quando e da chi. Database Oasi è quindi il risultato di un complesso lavoro di indagine e di archiviazione, una banca dati ipertestuale ora accessibile dal nostro sito. Al suo interno sono rintracciabili, in alcuni casi fino a risalire a 30 anni fa, le attività “sul terreno” svolte della cooperazione internazionale e la produzione scientifica che la comunità accademica mondiale ha dedicato alle Oasi sahariane e arabiche a seguito di osservazioni e pratiche conoscitive. Database Oasi è consultabile per categorie e si collega direttamente con la mappa elaborata nel Progetto Atlante delle Oasi sahariane e arabiche, anche questa accessibile dal nostro sito, offrendo per ognuna delle Oasi – attraverso una scheda – la documentazione che la riguarda.

 

Occorre dire che, nelle prime fasi della nostra esplorazione web, si è materializzato un viatico importante: gli studi che hanno codificato la sapienza della civiltà delle Oasi, frutto delle ricerche “sul campo “ di Pietro Laureano, architetto e urbanista, massimo esperto e consulente Unesco per le zone aride. Abbiamo in seguito iniziato a verificare, sia i grandi progetti finanziati per milioni di dollari come quelli di Banca Mondiale attraverso GEF, che l’efficacia di azioni promosse da valenti Associazioni europee come Terrachidia, e in ambito filantropico, ad esempio, Bambini nel deserto e Enfants du désert. Nel corso della nostra ricognizione abbiamo poi virtualmente incontrato, all’ombra dei palmeti delle Oasi, uno stuolo di professori universitari americani, belgi, inglesi, italiani, francesi, tedeschi, spagnoli e i loro studenti, impegnati in workshop differenti. Agronomi, antropologi, archeologi, architetti, ingegneri: nel Database Oasi è archiviato il resoconto del loro lavoro in ogni sua forma, dalle tesi di laurea alle pubblicazioni delle riviste accademiche, tutto ciò che, fino ad ora, siamo riusciti a reperire nelle capienti biblioteche universitarie on line. Allo stesso modo registriamo la competenza dei loro colleghi negli Atenei del Maghreb o in Oman e gli studi propedeutici a interventi “sul terreno” degli Istituti Agronomici di Marocco, Tunisia, Algeria. Notiamo che, più di mezzo secolo fa, al Cairo già esisteva Desert Research Center, ancora oggi centro propulsore di specifica attività di ricerca e che il Marocco ha di recente creato un organismo apposito, Andzoa, avendo da tempo inaugurato Programmi nazionali di grande interesse per la salvaguardia delle Oasi marocchine. Osserviamo che l’Oman ha dato il via, anche avvalendosi di Archiam, a una poderosa campagna di recupero del patrimonio architettonico, oltre che degli antichissimi sistemi di irrigazione delle Oasi, gli Aflaj, già classificati come World Heritage Sites da Unesco. Nel Database Oasi includiamo Fondazioni internazionali, The Getty Conservation Institute, Agha Khan Trust For Culture, Intbau, che possono vantare il sostegno a importanti interventi di restauro degli edifici storici nelle Oasi in Marocco e annoveriamo esperienze come quella del Khalifa Date Palm Award, in grado di stimolare la ripresa della produzione agricola in alcune Oasi. Elenchiamo anche, grazie allo straordinario lavoro di messa in rete operato da Raddo con Cari, le innumerevoli Associazioni attive nelle comunità locali, quei soggetti che danno corso ad azioni coordinate da NGO come Tenmiya in Mauritania e Cospe in Egitto, dove anche SlowFood ha istituito un Presidio, per i datteri dell’Oasi di Siwa. Abbiamo accertato che il Ministère de l’Environnement et du Développement Durable a Tunisi ha ultimato la monografia delle Oasi di quel Paese, utile modello di riferimento per studi comparati; possiamo dare il necessario rilievo al programma GIAHS che Fao ha in corso dal 2002, con il quale ha grandemente contribuito a valorizzare i sistemi e le pratiche tradizionali che hanno dato vita al paesaggio storico delle Oasi nord-africane. Non ultimo, con il Database Oasi, vogliamo anche offrire lo spunto per un’analisi storico-temporale dei flussi finanziari che, negli ultimi 30 anni, hanno sovvenzionato tutta una serie di attività – di cooperazione allo sviluppo- nelle Oasi sahariane e arabiche. Fondazione LabOasis lo propone quindi, nel suo insieme, come strumento di lavoro a studiosi ed esperti internazionali, con l’auspicio che attraverso la loro collaborazione possa continuare ad arricchirsi di contenuti e registrare sempre nuovi progetti, a tutela dei luoghi della millenaria alleanza tra uomo e natura: le Oasi.

Effetto Oasi

Effetto Oasi è il progetto di comunicazione che ha lo scopo di diffondere informazioni e condividere conoscenza. Nel deserto anche una singola palma, assistita dalla mano dell’uomo, dà inizio all’effetto oasi: il circuito virtuoso che innesca condizioni favorevoli alla vita umana. Allo stesso modo, Fondazione LabOasis vuole scatenare un particolare effetto Oasi: far germinare nuova consapevolezza, promuovere la conoscenza delle Oasi tradizionali, sahariane e arabiche e dei loro abitanti. Per far comprendere come tutto è cominciato e come tutto potrebbe finire.
Il contesto è quello di un’opinione pubblica in cui generalmente prevale un’immagine fittizia e fiabesca dell’Oasi, vista come una specie di miracolo naturale in pieno deserto. Persino nelle comunità nazionali degli 11 paesi dell’Atlante delle Oasi Sahariane e Arabiche,  accade spesso che le nuove generazioni, cresciute in ambito urbano, ignorino l’origine e la vera natura delle Oasi. Di conseguenza, il valore storico-culturale e ambientale delle Oasi è oggi largamente e diffusamente misconosciuto.
L’obiettivo, chiarito che l’Oasi non è un fenomeno naturale, è di rendere evidente come nell’Oasi – luogo artificiale che l’uomo del Neolitico ha creato nel Sahara e in Arabia a partire dal 3000 a.C. – si riassuma in modo paradigmatico il miglior “sistema” per abitare la terra. Il più rispettoso – per tradizione – delle regole del ciclo naturale, al cui interno tutto si trasforma e si rigenera. In aggiunta, sottolineare l’esperienza straordinaria di queste comunità – per molti versi assimilabili, se pur distanti tra loro e in nazioni diverse – capaci ancora oggi di abitare territori massimamente inospitali.
L’azione di comunicazione utilizza tre differenti modalità che fanno uso di mezzi multimediali.

INFORMAZIONI

Perché l’Oasi mette in luce una storia antichissima, che Pietro Laureano meglio di ogni altro ha saputo evocare nei suoi scritti, a seguito delle sue ricerche “sul campo”. E’ il racconto dell’Oasi che muove dalle origini, nella Preistoria, per arrivare al tempo presente, attraversa i deserti del Sahara e d’Arabia, si inoltra nei villaggi dove quei popoli restano ancorati alla terra che hanno reso fertile, con sapienza e tenacia; indaga il loro rapporto con l’ambiente desertico e la risorsa idrica, risultato di conoscenze stratificate nei secoli; illustra i modi di coltivare, di costruire, tipici di questi luoghi; evidenzia il ruolo culturale e economico che allevatori nomadi e mercanti – percorrendo vie carovaniere, non a caso, costellate di Oasi – hanno giocato in quelle comunità.
Oasi in pericolo descrive le trasformazioni socio-ambientali recenti, in parte imputabili al riscaldamento climatico. Abbandonate le tecniche tradizionali in favore di un’innovazione che se ne discosta senza conservarne il principio ispiratore, l’uso di dighe, motopompe, il diffondersi delle coltivazioni intensive e di tecnologie inadatte al contesto ambientale, mettono infatti in pericolo il delicato equilibrio alla base di questi ecosistemi. La salinizzazione e la progressiva sterilità dei suoli, l’esaurimento e l’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali sono alcune delle conseguenze. A cui si aggiunge la perdita di qualità del paesaggio, del suo valore estetico e identitario, anche dovuta all’abbandono dei villaggi tradizionali, alla realizzazione di nuovi quartieri e all’emigrazione.

IMMAGINI

Si tratta di immagini acquisite con il generoso coinvolgimento di 28 fotografi provenienti da ogni parte del mondo. Facciamo qui un solo nome, Yann Arthus-Bertrand, a rappresentare la passione e la maestria di ognuno di loro nel documentare la realtà. Più di novanta immagini, ognuna corredata da un’esaustiva didascalia e della sua localizzazione geografica che, utilizzando Google Maps, consente di visualizzare il luogo preciso in cui è stata scattata la foto. Un accurato lavoro di ricerca e selezione, effettuato privilegiando l’attinenza ai contenuti, mai a scapito della qualità artistica, che è il risultato di un talento nel cogliere l’attimo, per raccontare nel modo più efficace una storia.

Verità e potenza della fotografia che ai testi, presenti sul sito di Fondazione LabOasis, aggiungono complessità e significati, avvicinando luoghi lontanissimi. Immagini dove l’eco di un’eredità arcaica rimanda ai miti delle origini del genere umano; immagini dell’Oasi-rifugio, come appare nelle foto aeree, perché la natura dei deserti, tutto intorno, è avara e ostile quanto nel tempo antico; immagini che restituiscono il primitivo splendore dell’architettura tradizionale, la cui forma trasfigura l’umile materia, la terra; immagini che catturano i momenti della vita quotidiana, alle volte gesti simili a quelli di un tempo remoto, pratiche agricole che svelano la genesi dei rituali religiosi, e che appartengono alla nostra civiltà.

Abbiamo così ottenuto l’indispensabile premessa e incontrato i padrini d’elezione per il progetto che Fondazione LabOasis ha in cantiere: il concorso fotografico riservato ai giovani delle 11 nazioni comprese nell’Atlante delle Oasi sahariane e arabiche. Riteniamo importante indicare, nell’uso della fotografia, lo strumento per un impegno a tutto campo. Vogliamo sostenere coloro che sapranno usare, creativamente e criticamente, il loro sguardo sulle Oasi: col preciso obbiettivo di valorizzare e preservare questi luoghi storici.

NETWORKING

Fondazione LabOasis si fa carico della diffusione di notizie, in sinergia con la vasta rete di associazioni che lavorano nelle Oasi, affiancando il lavoro che l’associazione Raddo ha meritevolmente iniziato in Algeria, Tunisia, Marocco e sta portando avanti nel resto dei paesi interessati. Vogliamo dare un contributo, non solo alla conoscenza delle Oasi sahariane e arabiche da parte di un pubblico più vasto, ma anche al superamento di difficoltà tecniche e logistiche che impediscono la condivisione della ricerca in questo ambito e di possibili soluzioni alle problematiche odierne nelle Oasi. Mettiamo in evidenza attività virtuose, l’organizzazione di seminari, forum, conferenze, tutte iniziative spesso poco conosciute o inaccessibili ai tanti e diversi attori “sul terreno”: centri di ricerca, istituzioni, associazioni locali.